Il Labirinto: dal Caos all’Armonia
- Elevenios

- 30 set
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 10 ott

Tra i simboli più potenti della tradizione iniziatica vi è quello del Labirinto, esso appare nelle mitologie antiche, nelle cattedrali medievali, nei giardini dei palazzi rinascimentali, e ovunque si desideri rappresentare il cammino dell’uomo nella vita e nello spirito.
Il Labirinto non è soltanto un intreccio di vie: è immagine del cammino dell’anima, entrarvi significa smarrirsi per ritrovarsi, affrontare la confusione per giungere all’Unità, attraversare il caos per ritrovare l’ordine.
L’esempio più noto viene dal mito cretese: il Labirinto di Cnosso, costruito da Dedalo per rinchiudere il Minotauro, lì, Teseo discese nelle vie oscure e, grazie al filo di Arianna, trovò la via del ritorno. Comprendiamo che il filo è la coscienza, la guida interiore, la scintilla divina che impedisce all’uomo di smarrirsi definitivamente.
Ma i labirinti non appartengono solo al mito.
Nel cuore delle cattedrali gotiche, come a Chartres in Francia o a Lucca in Italia, il Labirinto era tracciato sul pavimento, perché i pellegrini che non potevano viaggiare fino a Gerusalemme potessero compiere un pellegrinaggio simbolico.
Camminare quelle spirali significava penetrare dentro sé stessi, avanzare verso il centro che è Cristo, la Luce, l’Eterno.
Altri labirinti ancora li troviamo nei giardini rinascimentali, come a Villa Pisani a Stra o a Hampton Court in Inghilterra, qui il percorso non è soltanto penitenza, ma gioco iniziatico, prova di intelligenza e di orientamento, specchio del viaggio umano che oscilla tra perdizione e scoperta.
Esotericamente, il Labirinto rappresenta la condizione dell’uomo profano: circondato da vie che si intersecano, egli si perde tra illusioni e false uscite, solo chi mantiene lo sguardo fisso sul centro – il Sé interiore, il Divino, la Verità – può superare l’inganno dei sentieri e giungere alla meta.
Ogni muro del Labirinto è un ostacolo, ogni svolta un dubbio, ogni vicolo cieco una caduta, ma proprio attraverso queste difficoltà, l’iniziato impara la pazienza, l’umiltà e la perseveranza.
Alchemicamente, il Labirinto è la via della trasformazione: la Nigredo è il momento dello smarrimento, l’Albedo è la chiarezza che comincia a guidare, la Rubedo è l’uscita luminosa verso il centro o verso l’uscita, là dove l’anima si ricongiunge all’Uno.
Il Labirinto ci insegna che il cammino non è mai lineare, nessuno di noi può raggiungere il centro senza prima essersi perso, nessuno può incontrare la Luce senza prima attraversare le ombre, ma se teniamo stretto il nostro filo d’Arianna – la coscienza, la Fratellanza, la Luce del Grande Architetto – nessuna oscurità potrà mai confonderci.
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Fr∴ Elevenios




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