Il cammino iniziatico di Pinocchio
- Elevenios

- 6 nov
- Tempo di lettura: 4 min

Offro questa Tavola come lettura ermetica e alchemica di una fiaba che, sotto il velo dell’infanzia, consegna all’Iniziato la mappa dell’Opera: Pinocchio.
Le fiabe non sono evasione: sono cartografie dell’anima. Pinocchio è una di queste mappe, disegnata con il linguaggio dell’infanzia per consegnare all’adulto un itinerario di risveglio.
Il burattino che aspira a diventare “bambino vero” non narra un cambiamento di forma, ma una metamorfosi dello sguardo: dal vedere profano al vedere interiore.
“Non c’è favola che non nasconda una verità, né legno che non possa vibrare di Spirito.”
Nel nome “Pin-occhio” riconosciamo un binario: PIN come pineale, stella interiore dell’attenzione; OCCHIO come visione che cessa di guardare fuori e si apre all’interno.
In termini ermetici, è l’alleanza di Mercurio (coscienza mobile e lucente, facoltà immaginativa rettificata) e Zolfo (calore della volontà), ricondotti in Sale (corpo, abitudine, carattere) purificato.
Il risveglio avviene quando il Mercurio della consapevolezza illumina lo Zolfo della volontà e il Sale viene lavato dalle sue scorie.
È l’inizio del solve et coagula.
Pinocchio nasce legno: materia viva ma non formata, il Sale della nostra natura, con le sue cristallizzazioni di abitudini e paure, i fili che lo muovono sono legami non coscienti, coagulazioni improprie del Sale: approvazione, giudizio, inerzia. Il primo atto dell’Opera è un solve dolce ma deciso: vedere i fili, nominarli, scioglierli.
La libertà non è “fare ciò che si vuole”, ma volere ciò che si fa: qui lo Zolfo (volontà) comincia a scaldare il Sale perché torni duttile.
Geppetto raffigura l’Artefice in noi: principio ordinatore che sa “dare forma”.
In termini ermetici, è la congiunzione operativa di Zolfo e Mercurio sotto il governo della Causa alta (il G∴A∴D∴U∴).
Quando il burattino fugge da Geppetto, l’Anima si separa dallo Spirito; quando lo ritrova, accade la coniunctio: ciò che è stato dissolto viene riunito su un piano superiore.
Mangiafuoco è la prova del Fuoco, lo Zolfo ardente che non distrugge ma calcina il superfluo.
Ogni crisi, dolore, disincanto è fornace che brucia le scorie dell’ego.
Chi rifugge il Fuoco resta legno; chi lo attraversa diventa luce.
Calcinatio significa ridurre in cenere il che si credeva “sé”: quando cade il falso, l’oro nascosto può apparire.
Il Gatto e la Volpe, i due complici promettono il “Campo dei Miracoli”: moltiplicazione dell’oro senza Opera, è la caricatura dell’Alchimia volgare, che cerca il metallo esterno e dimentica l’Aurum philosophicum: il sole interiore.
Qui si apprende il discernimento: non tutto ciò che brilla illumina. Il vero oro nasce dal lavoro del cuore; il resto è fango lucidato.
La leggerezza, quando diventa fuga, scioglie male: è una solutio che non libera, ma smembra.
Il Paese dei Balocchi è dispersione del Mercurio in volatilità sterile: mille attrazioni che non coagulano in nulla.
L’“asinizzazione” è simbolo saturnino: la caduta nel piombo della meccanicità.
Finché l’asino in noi non muore, l’Uomo non rinasce.
La Fata è Sofia, il Mercurio rettificato che illumina senza imporre.
Il suo azzurro introduce l’Albedo: lavacro, chiarificazione, misura ritrovata.
Il naso che cresce con la menzogna non è punizione, ma legge: parola senza verità = Mercurio che si allunga senza Sale e senza Zolfo, volubile e sproporzionato.
La Fata richiama alla proporzione: la verità ricompone le forme e riporta il verbo entro il suo vaso.
La discesa nel ventre è la Camera di Riflessione dell’Opera: Nigredo profonda, Solutio totale, Putrefactio che separa l’essenziale dall’accidentale.
È l’oscurità gravida in cui la Materia prima si prepara alla rinascita.
Proprio lì Pinocchio ritrova Geppetto: al fondo dell’ombra l’Artifex ricompare, e con lui la congiunzione.
Dal nero (Nigredo) si passa al bianco (Albedo), poi al giallo aurorale (Citrinitas: discernimento che sorge) fino al rosso della pienezza (Rubedo).
Le quattro fasi applicate alla fiaba
Nigredo: smarrimenti, inganni, ventre della Balena. Visione del “caput corvi”: riconoscere l’ombra senza giudizio.
Albedo: il ritorno della Fata, il lavacro delle menzogne, la cura della parola. Nascita della mitezza e della misura.
Citrinitas: il sole che sorge dentro; chiarezza discriminante dopo l’illusione. L’occhio distingue ciò che brilla da ciò che illumina.
Rubedo: la riunione con Geppetto, il “bambino vero”. Zolfo e Mercurio congiunti in un Sale trasfigurato: comparsa del Lapis interiore.
Ogni episodio della fiaba è un Solve et Coagula, una oscillazione operativa: sciogliere i legami inconsci (fili, menzogna, paura), coagulare atti retti (verità gentile, disciplina, servizio).
Sciogliere ciò che è rigido dove serve, fissare ciò che è volatile dove manca, è il medesimo ritmo che custodiamo in Loggia: Squadra (Sale che misura) e Compasso (Mercurio che apre), sotto la Stella (Zolfo che illumina).
Alla fine l’Opera non muta semplicemente la forma: trasmuta il principio che anima la forma.
PIN si accende come stella interiore, l’OCCHIO vede con l’occhio del cuore; lo Zolfo della volontà brucia chiaro, il Mercurio obbedisce alla Luce, il Sale diviene solido ma docile. Pinocchio diventa “uomo vero” non perché indossa un altro volto, ma perché porta un’altra luce nello stesso volto.
Il mondo, da oggetto, ridiventa specchio: ciò che incontriamo ci istruisce; l’avversario si trasforma in maestro; l’ostacolo, in scala.
Nella fiaba troviamo tutte le seguenti fasi:
Calcinatio (Zolfo): piccole rinunce scelte con amore, per bruciare l’eccesso e liberare il necessario.
Solutio (Mercurio): 15 minuti di silenzio quotidiano senza stimoli: sciogliere le forme mentali perché emerga il fondo.
Coagulatio (Sale): un atto concreto al giorno che renda visibile la verità detta (parola-fatto).
Sublimatio (Mercurio che sale): elevare un’emozione grezza a significato: domandarsi “cosa mi sta insegnando?”.
Fixatio (Lapis): custodire l’acquisto in un’abitudine stabile, discreta, gioiosa.
Pinocchio è un trattato d’Opera mascherato da fiaba.
In ciascuno di noi c’è un Geppetto che attende, una Fata che guida, un Fuoco che purifica, una Balena che custodisce.
Se percorriamo questa via con cuore semplice, il legno in noi vibra davvero: la Squadra si posa, il Compasso si apre, e la Parola, a suo tempo, si fa Silenzio creativo.
Allora la favola finisce e comincia la realtà ermetica: non quella che pretendono gli occhi del corpo, ma quella che riconosce l’Occhio dell’Anima.
A∴G∴D∴G∴A∴D∴U∴
T∴F∴A∴
Fr∴ Elevenios




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